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Perché l’Argentina è in crisi, di nuovo

Nel febbraio di tre anni fa, l’allora presidente del consiglio italiano Matteo Renzi dichiarava alla stampa: «L’Argentina è uno dei posti più solidi e stabili per possibilità di investimento». Evidentemente non aveva preso nota degli ultimi settant’anni. È un vero e proprio ritornello far coincidere la «decadenza argentina» con la storia che inizia con il primo governo peronista, nel 1945. Dare la colpa al peronismo è lo sport preferito della élite nazionale, ma qualcosa di vero c’è. Continua la lettura di Perché l’Argentina è in crisi, di nuovo

E’ online la rivista “Catarsis”! (Intervista radio)

La revista argentina Catarsis è un’iniziativa congiunta del “Collettivo Catarsis”, del seminario “Teoria e prassi politica nel pensiero di Antonio Gramsci” della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Buenos Aires e del gruppo di studio “Gramsci in America Latina” dell’Instituto di Studi sull’America Latina e i Caraibi (IEALC-UBA).

Si tratta di una rivista “gramsciana” nello spirito, non teorica, che guarda all’Argentina e all’America Latina con la voglia di riflettere senza esere teoricisti e mettere al centro strategia e tattiche dei movimenti sociali e della sinistra in generale. Parlando delle lotte in corso e di quelle a venire dando voce ai protagonisti e alle protagoniste, con lo sguardo sempre attento al potenziale egemonico che queste dimostrano e alla possibilità che la loro convergenza  porti ad un momento, un processo catartico, che possa finalmente metterci nelle condizioni di cambiarlo todoContinua la lettura di E’ online la rivista “Catarsis”! (Intervista radio)

La nueva izquierda italiana: entre Gramsci, el poder popular y América Latina

por Darío Clemente y Hernán Ouviña

[publicado anteriormente aquì]

Viola Carofalo es vocera de Potere al popolo (Poder al pueblo), plataforma de movimientos sociales, organizaciones de base y partidos de izquierda que ha surgido en el contexto de la profunda crisis por la que transita Italia. Joven feminista, trabajadora precaria, activista meridional e integrante del Centro Social napolitano Je so Pazzo (“Yo estoy loco”, emplazado en un ex manicomio recuperado en el que han creado proyectos productivos, culturales y de salud popular), nos comparte su mirada acerca de la coyuntura que se vive en su país y en Europa, donde existe un gran crecimiento de las fuerzas de ultraderecha y de propuestas populistas, pero también de una nueva izquierda con perspectiva anti-sistémica. Las tensiones entre la construcción de poder popular y la disputa institucional. Las experiencias de Syriza, Podemos y Francia Insumisa y la necesidad de no copiar modelos. Los aportes de Gramsci, Fanon y el feminismo en la elaboración hoy de una propuesta de carácter anticapitalista, anticolonial y antipatriarcal. El desafío de construir un internacionalismo de nuevo tipo, las resonancias de los procesos políticos latinoamericanos, y el amor por el Che y Maradona en Nápoles. Continua la lettura di La nueva izquierda italiana: entre Gramsci, el poder popular y América Latina

Todo cambia, cambia todo: l’Argentina torna a destra

Poco prima delle dieci di sera del 22 novembre, dopo che il suo avversario ha pubblicamente riconosciuto la sconfitta, il nuovo presidente argentino sale sul palco di un affollatissimo “bunker” elettorale. Dal soffitto cadono come d’abitudine palloncini gialli, musica pop nazionale in sottofondo. Mauricio Macri pronuncia poche parole, i primi gesti da presidente sono tutt’altro che cerimoniali. Continua la lettura di Todo cambia, cambia todo: l’Argentina torna a destra

Argentina: Il Kirchnerismo e la storia Nac and Pop

Quello che segue e’ un estratto di un lungo articolo scritto per un dossier sull’uso politico della storia, prossimamente in uscita sul sito aldogiannulli.it. Clicca qui per leggere la versione estesa.

Il 23 Giugno il comandante in capo dell’esercito Cesar Milani, indagato dal 2007 per aver partecipato al sequestro e uccisione di più persone durante la dittatura, consegna a mezzo stampa le dimissioni per “motivi personali”. Gli succederà´ Ricardo Luis Cundom, generale di divisione reduce della guerra di Malvinas. La rinuncia all’incarico, che deteneva dal 2013, segue di soli pochi giorni un’altra “rinuncia volontaria”, quella del candidato kirchnerista e ministro dei trasporti Florencio Randazzo alle primarie presidenziali del Fronte Per la Vittoria, dopo che Cristina Kirchner aveva infine accordato il suo endorsement al peronista di destra Daniel Scioli.

Fra le prime ipotesi  sulla rinuncia di Milani, una è quella di un litigio dovuto alla mancata conferma da parte del ministro della difesa Augustin Rossi della promozione da parte di Milani del colonnello Marcelo Oscar Granitto, a causa del parere negativo del Centro de Estudios Legales y Sociales (CELS), organismo dei diritti umani che “vaglia” i curriculum dei militari prima che siano nominati per alti incarichi.

Esulta  la leader delle Madri di Plaza de Mayo- Linea Fundadora Nora Cortiñas, che in dicembre aveva presentato un “heabeas corpus” perché Milani si presentasse davanti alla giustizia per rispondere anche della desaparicion del figlio Gustavo. Mentre Hebe de Bonafini, presidentessa delle altre “Madri” qualifica le accusazioni di “illazioni” per liquidare il militare e far danno al governo.

Da questo singolo evento, filtrato attraverso la triangolazione esercito-governo-movimenti sociali, emergono alcune delle caratteristiche principali dell’utilizzo che i governi del kirchnerismo hanno fatto della storia e della memoria. E si intrecciano due dei filoni principali di questa narrativa Nacional y Popular: Malvinas e il tragico lascito della dittatura.

Il 24 Marzo e la dittatura militare.

Il 24 di Marzo di ogni anno si ricorda il golpe militare che destituisce Isabelita Peron e pone le redini del paese nelle mani della triade Videla-Massera-Agosti, dando il via a 7 anni di violazioni sistematiche dei diritti umani che culmina con il drammatico bilancio di circa 30.000 desaparecidos, tra militanti di sinistra, studenti e lavoratori.

Il ricordo e la commemorazione militante di quella data è stata per lunghi anni appannaggio quasi esclusivo della sinistra di base, in un lunghissimo periodo di inerzia politica statale in cui ogni tentativo di giudicare i militari veniva sistematicamente fermato.

Anche il trentennale del colpo di stato, nel 2006, non ha fatto eccezione.

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Gradualmente pero, il governo di Nestor Kirchner, instauratosi nel 2003, assume il tema dei diritti umani come centrale nella nuova politica rispetto alla dittatura.

Questa nuova attenzione passa attraverso alcuni gesti esemplari e coraggiose politiche di Stato.

Il 24 Marzo del 2004 Nestor Kirchner, in occasione del primo anniversario del golpe da presidente, ordina la rimozione dei quadri di Videla e Bignone, primo e ultimo presidente de facto della dittatura, che ancora campeggiavano nella “galleria dei direttori” del collegio militare. 

I passi concreti invece, sono cominciati con l’annullamento delle leggi “punto finale” e “obbedienza dovuta” da parte del congresso nel 2003, poi ratificata dalla corte suprema nel 2005, e proseguiti con il dispiegarsi di una agenda politica dei diritti umani senza precedenti nella Argentina democratica. I processi sono di conseguenza ripartiti, e nonostante le innumerevoli difficoltà nel condurli si è giunti finora alla condanna in 250 casi su 1886 secondo i dati del CELS, che fin dal 1979 assiste legalmente le famiglie deidesaparecidos. 

Il “nuovo corso” kirchnerista ha portato alla convergenza massiva della maggior parte delle organizzazioni sociali che militavano nel campo dei diritti umani sotto l’ombrello del governo e garantito il loro appoggio esplicito al suo operato. L’emissione, lo scorso Marzo, di un biglietto da cento pesos con l’effige di una “Madre” avvolta nel caratteristico fazzoletto bianco ne è al tempo stesso il sigillo e uno degli aspetti più polemici.

Non mancano infatti le critiche di chi considera “l’allineamento” di queste associazioni al governo, e in generale quello dei gruppi di militanza di base sorti nel post-dittatura e durante la crisi del 2001, come un abile ed estenso programma di “cooptazione” delle istanze sociali indipendenti.

L’adesione delle “Madres de plaza de mayo” guidate da Hebe de Bonafini alla linea del governo, ha rinforzato una divisione in seno al movimento dei familiari dei desaparecidos che ha origini negli anni ´80, e che ora si fonda su differenti valutazioni della politica dei diritti umani del kirchnerismo e il bisogno di mantenersi autonomi dalla sua azione.

La nomina del militare a Capo di Stato Maggiore dell’Esercito argentino il 3 luglio 2013 è uno degli esempi migliori dei chiaroscuri della politica del governo sui diritti umani, e delle divisioni che questa ha creato all’interno dei movimenti sociali.

Mentre la “linea fundadora”il CELS e il premio Nobel per la pace Perez Esquivel obiettavano alla promozione, chiedendo al Frente Para la Victoria, l’alleanza di governo, di ripensarci, le “Madri” appoggiavano il generale, con Hebe de Bonafini che lo intervistava personalmente per la rivista dell’associazione .

La linea ufficiale del governo era garantista: finche´ non ci sono condanne l’imputato viene considerato innocente e rimane in carica. L’opposizione e le associazioni dei diritti umani sottolineavano pero come l’incarico ricoperto da Milani lo “proteggesse” dall’avanzare dei processi, offrendogli una forte copertura, se non legale quantomeno politica.

Sullo sfondo, la complessa questione della trasformazione dell’esercito e della polizia nel periodo democratico: la permanenza in carico di migliaia di agenti utilizzati ai tempi della dittatura si aggiunge a quanto resta da fare nell’esercito che, seppur “ridimensionato” dai tagli di Menem, rimane tutt’altro che depurato dalla presenza dei militari che violarono i diritti umani durante il “processo di riorganizzazione nazionale”.

Malvinas, “un posto nel nostro cuore e non solo”.

Il fatto che il nuovo Comandante in Capo dell’esercito sia un reduce di Malvinas non pare essere un caso, ed è sicuramente una scelta di potente valore simbolico. Il kirchnerismo si libera allo stesso tempo di un ospite diventato scomodo e lo sostituisce con Cundom, che ai tempi della guerra era ufficiale di complemento e semplice pilota di elicottero, quindi “eroe” non assimilabile alle scelleratezze compiute della cupola militare verso i propri soldati.

Con il kirchnerismo il tema delle isole “irredente” ha riacquistato una centralità nel discorso politico che non si osservava dalla dittatura.

Malvinas volveremos

Lo scorso 10 Giugno, per esempio, la presidentessa Cristina Kirchner tracciava nel suo discorso dal Museo delle Malvinas una linea retta tra la rivendicazione sulle isole e la questione “fondi buitres”, in nome della sovranità nazionale. La questione della sovranità si unisce alla denuncia delle vestigia del colonialismo occidentale e in particolare britannico nel mondo, di cui molti esempi sono concentrati nel continente sudamericano. Fondamentale anche il discorso sulle risorse naturali, dal petrolio alla florida industria della pesca, che lo Stato argentino considera usurpati dai kelpers, gli isolani, e dal Regno Unito.

Questa retorica “nazionale e popolare” ha sostenuto a livello discorsivo la ripresa della offensiva diplomatica a livello internazionale per il recupero delle isole. Assieme alla fine dell’embargo cubano, il tema Malvinas è ora indiscutibile priorità regionale, puntualmente reiterata nei vertici dei paesi del continente, e anche gli Stati Uniti hanno dovuto (mal)digerirla.

Ultimamente la questione si è riaccesa in seguito alle rivelazioni di Snowden sullo spionaggio realizzato dai britannici a danno del governo argentino tra il 2006 e il 2011  dall’annuncio di un ammodernamento totale delle difese dell’isola, minacciate da un fantomatico riarmo argentino.

Se nei primi anni del kirchnerismo il tema non aveva rappresentato particolare rilevanza, a partire dal 2010 occupa uno spazio crescente nel discorso pubblico del governo, accompagnato da gesti come l’apertura del museo, la creazione di una segreteria dedicata all’interno del Ministero degli Esteri, la creazione di una banconota da 50 pesos commemorativa del reclamo e maggior impulso al processo di identificazione dei corpi argentini senza nome sepolti sulle isole.

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Senza dubbio questo attivismo dei kirchner, presidenti “malvineros” in quanto di origine patagonica, e l’incorporazione del tema nel progetto di “Memoria, verità e giustizia”, nasconde alcune rimozioni importanti.

Dimostra una relazione con il passato “sospesa nel tempo e nello spazio” in cui si avverte una mancata riflessione sul quel repertorio simbolico nazionale in relazione alle isole a cui si continua a ricorrere quando si afferma che le Malvinas “erano, sono e saranno argentine”. Che è lo stesso lignaggio storico a cui si appellarono per motivare la guerra quei militari che contemporaneamente conducevano un “genocidio” in patria, e perseguivano i soldati impiegati al fronte con maltratti e sevizie. Che arruolarono forzatamente i diciottenni poveri e prevalentemente di origine indigena, i “cabecitas negras”, e li mandarono al massacro senza armamenti e vettovaglie sufficienti.

Il museo, la retorica, unisce precedenti tanto diversi della lotta storica per il recupero delle isole che appaiono inconciliabili.

Come si chiede lo storico Federico Lorenz: “Può un paese che emerge da una dittatura con la decisione di (auto)giudicar(si) sostenere un repertorio nazionalista e patriottico come quello delle Malvinas senza chiedersi fino a che punto quello stesso non fu all’origine delle violenze della dittatura stessa?”

Si puo’ evitare di chiedersi cosa sarebbe successo se quella guerra fosse stata invece vinta, conducendo ad un probabile intervento militare anche contro il Cile, che degli inglesi era socio di minoranza? Di quale Argentina staremmo ora parlando se quel successo, come accaduto per la Thatcher, avesse finito per rinforzare il regime militare, mutando la storia recente del paese? 

Alcune riflessioni.

Assistiamo all’impiego di una potente retorica, che utilizza la storia più o meno recente dell’Argentina per incorniciare la agenda politica del kirchnerismo.

Ciò non toglie, ovviamente, che molte di queste scelte politiche siano state coraggiose e abbiano avuto effetti positivi senza precedenti.

L’ascesa al potere di Nestor Kirchner ha significato in questo senso un vero e proprio spartiacque con i governi precedenti, riportando il tema dei diritti umani alla centralità che merita e facendone oggetto di politiche pubbliche ammirabili. Ha promosso la riapertura dei processi contro i genocidi e la ricerca dei figli di desaparecidos appropriati dai militari, affrontando il tema della dittatura e di tutte le sue barbarie come nessun altro paese della regione. Un confronto tra la società e il suo recente passato che in Italia o in Spagna, per esempio, non è avvenuto.

Sta realizzando tutto questo a suon di potenti dosi di retorica, che sono pero in ogni caso preferibili al silenzio, alla rimozione o alla aperta difesa del “processo di riorganizzazione nazionale” che ancora qualcuno si azzarda a fare.

Ha trasformato delle ricorrenze che vedevano due ali di folla applaudire una sfilata militare in piazze piene di gente normale, attenuando la forte militarizzazione delle celebrazioni di Stato. Soprattutto, ha prodotto un ribaltamento culturale per cui i musei, le manifestazioni culturali, la radio e la televisione si occupano ora del passato con uno sguardo critico e non più subalterno a modelli culturali importati che descrivono l’Argentina come una chiassosa e discola alunna che non resta al suo posto, in fondo alla classe, a fare i compiti che le assegnano.

Questa versione della storia, seppur ben radicata nel paese dopo 12 anni di governo “K”, non potrà durare in eterno, intonsa. Dovrà fare i conti con i cambiamenti politici che la elezioni del prossimo autunno porteranno con se’. Mentre il candidato del Fronte Per la Vittoria Daniel Scioli, recentemente recuperato al kirchnerismo, sembra essere guarito daitentennamenti che aveva avuto in passato nel condannare la dittatura, il principale oppositore, l’ex sindaco di Buenos Aires Mauricio Macri, ha abbandonato le sue perplessità sulla recuperazione delle Malvinas  solo all’alba della campagna elettorale. Non ci sono temi sacri, quindi, ne “politiche di Stato” che non possano essere modificate all’occorrenza, supportate da una lettura della storia argentina radicalmente differente.

Al meeting delle Americhe gli “Americani” mollano prima del gong.

Dal 10 all’ 11 aprile a Panama si è svolto il settimo meeting delle Americhe, una conferenza internazionale nata nel 1994 sotto la tutela dell’Organizzazione degli Stati Americani a guida statunitense. Questa edizione avrebbe dovuto concretizzare con la storica partecipazione di Cuba quel “cambio di rotta” nei rapporti nord-sud che Obama aveva promesso al summit di Trinidad nel 2009, a pochi mesi dalla sua prima elezione. Si trattava questa dell’ultima partecipazione per il primo presidente nero della storia degli Stati Uniti, che però è uscito di scena prima della conclusione dei lavori.

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Argentina: metà governo imputato, l’opposizione alza il tiro

Il fu procuratore Alberto Nisman aveva chiesto l’imputazione della presidentessa Cristina Kirchner, la prima volta nella storia argentina che cio’ accade, oltre al ministro Timerman e ai militanti sociali Esteche, Larroque e D’elia per un presunto accordo con il governo iraniano con il quale avrebbero indirizzato le indagini sulla “AMIA”, la mutua ebraica attaccata nel 1994 con un’autobomba, su un binario morto.

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Caso Nisman: l’anno elettorale in Argentina inizia col botto

Lo scorso 18 Gennaio Alberto Nisman, il procuratore che stava investigando sull’attentato alla “Amia”, la mutua ebraica assaltata nel 1994 con un’autobomba, e che costo’ la vita a 85 persone con 300 feriti, viene trovato morto nel suo appartamento. Il proiettile che l’ha ucciso e’ uscito dalla pistola che giace di fianco a lui, ma non c’e’ polvere da sparo sulle sua mani. Continua la lettura di Caso Nisman: l’anno elettorale in Argentina inizia col botto

L’Argentina ad un anno dal voto. Quali prospettive dopo il ciclo kirchnerista?

Il 25 Ottobre 2015 si terranno nel paese sudamericano le elezioni presidenziali e quelle legislative. I candidati verranno scelti nel mese di agosto, con le “P.a.s.o.”, le primarie “aperte, simultanee ed obbligatorie” che dal 2009 definiscono la liste elettorali dei partiti che ottengono almeno il 1,5% dei voti validi espressi nel collegio elettorale di pertinenza.

La presidenta Cristina Fernandez de Kirchner è entrata nell’ultimo anno del suo secondo mandato, e non potrà quindi ripresentarsi alle elezioni politiche del prossimo anno. Quasi sicuramente sarà candidata invece per le “europee” argentine, cioè il debutto del “Parlasur”, il parlamento del Mercosur i cui integranti verranno probabilmente scelti da elezioni associate a quelle per il presidente e il parlamento nazionale. Continua la lettura di L’Argentina ad un anno dal voto. Quali prospettive dopo il ciclo kirchnerista?

Brasile e imperialismo, intervista a Raul Zibechi

L’espansionismo brasiliano, la sinistra anti-stato, i movimenti sociali.

Dopo la recensione del suo libro “Brasile Potenza”, rivolgiamo alcune domande al giornalista e scrittore uruguaiano Raul Zibechi

 
Il Brasile di oggi è un paese imperialista?

Io nel mio libro non dico che il Brasile sia imperialista, di sicuro non è più “sub” imperialista, anche se il lavoro di analisi condotto negli anni ’70 da Rui Mauro Marini rimane fondamentale. Credo che sia uno scenario aperto, in cui si osservano tratti di imperialismo, ma che per essere un progetto compiutamente imperialista deve vedere la concorrenza di molti fattori. Anzitutto la volontà del Brasile di esserlo, ma anche la disponibilità alla sottomissione dei suoi vicini, che non è affatto scontata. Continua la lettura di Brasile e imperialismo, intervista a Raul Zibechi